I revolver prima di Colt

I revolver prima di Colt

Siamo ai primi anni del 1800.
E le potenzialità della polvere nera sono note.
Ma è anche chiaro che i sistemi di armamento e di caricamento delle armi, sono ormai inadeguati.
Soprattutto nel campo dell’arma “corta”, portatile.

E’ da tempo che molti inventori (o anche semplici artigiani) stanno cercando di mettere a punto il «principio del revolver»; ovvero un sistema in cui parecchie canne girano intorno ad un asse, oppure un sistema in cui più camere vengono poste in sequenza davanti ad una canna.

E’ dal VII secolo che sono in produzione (specialmente in Inghilterra) fucili e pistole a tamburo o a canne multiple.
E per l’appunto si possono vedere numerose interpretazioni nelle immagini seguenti.

Esempio di revolver con 10 canne traslanti, con relativo alloggiamento posteriore per la capsula d’accensione.
Il caricamento è sempre frontale.

Esempio di tipica “pepperbox”, con blocco di 6 canne ed accensione posteriore posta però “radialmente”
(il luminello è verticale, come anche il movimento del cane).


Esempio di revolver con tamburo rotante sull’asse verticale.
Quando il cilindro ruota, le camere sono rivolte a turno in tutte le direzioni; e nel caso delle frequenti accensioni multiple le conseguenze sono ben immaginabili …


L’accensione è mediante capsula posta inferiormente in un’area prossima al centro del cilindro; con le capsule tutte molto (troppo) vicine).
Il cane è posto sotto il cilindro rotante, davanti al grilletto; si abbatte scattando “verso l’alto”.

qui sopra un estratto del brevetto depositato da Cochran nel 1837

Altro esempio di “revolver” con gruppo camere/canne rotanti.
In questo caso, per limitare i problemi di allineamento camera/canna, si è adottato un mega cilindro con le canne ricavate nello stesso.
Con gli ovvii problemi di peso, ingombro, e con sempre i soliti problemi di accensione “multipla”.

Un altro dei primi meccanismi a tamburo del XVII secolo, ideato da Elisha Collier

il brevetto di Collier del 1818

Tutte queste armi o erano particolarmente pesanti ed ingombranti, oppure avevano un funzionamento complicato; ma soprattutto erano pericolose.
Il principale problema era nel meccanismo di accensione a pietra focaia o a capsula, combinato con la particolare polvere (polvere da sparo, nota anche come polvere nera).

Solito problema dell’epoca: le capsule si accendono contemporaneamente.

Ciò era dovuto in parte al disegno dei sistemi di accensione, ed in parte ai materiali utilizzati per le cariche.

In particolare la polvere nera era difficile da inserire senza spandere o sporcare i bordi della camera; e comunque quando si accendeva, generava fiammate e scintille in ogni direzione, andando ad accendere le camere adiacenti.
Anche le capsule generavano fiammate ancora poco controllate, e con dosaggi variabili, poco costanti, che a volte non accendevano ma che a volte sfiammavano ben oltre gli alloggiamenti.

Vedi l’immagine qui a lato: percuotendo la capsula, non tutta la fiamma attraversava il luminello e finiva nella camera di scoppio.
Bastava una percussione non perfettamente in asse, o una capsula leggermente deformata, o un luminello ormai rovinato (ricordiamo che le formulazioni dell’epoca provocavano una vera e propria erosione dei luminelli, che andavano frequentemente sostituiti), e spesso qualche fiammata riusciva ad espandersi anche all’esterno del luminello, andando a provocare accensioni non volute.
Risultato: si accendevano contemporaneamente più camere; con ovvia distruzione dell’arma.

E spesso con gravi conseguenze non solo per il tiratore, ma anche per chi era nelle vicinanze; ad esempio nei prototipi con cilindro rotante verticale, partivano colpi anche dalle camere adiacenti, che erano orientate ai lati della linea di tiro !

La realizzazione più affidabile all’epoca era quella di Elisha Collier, ispirata al brevetto del 1818 del capitano Artemus Wheeler di Concord, Massachusetts.

Uno dei prototipi di Collier

Collier registrò il brevetto anche a Londra, riconoscendo però di non esserne l’unico inventore.

L’accensione era tramite un acciarino a pietra focaia; ed era dotata di un serbatoio per la polvere per il rifornimento della camera dopo ogni colpo; il sistema di rotazione era «parzialmente» automatico, non proprio affidabilissimo.
Intorno al 1820 Collier riuscì a venderne un certo numero soprattutto agli ufficiali in stanza presso le Indie.
E’ probabile che Samuel Colt abbia visto qualche esemplare di questi “quasi revolver” durante lo scalo del «Corvo» a Calcutta. Oppure durante lo scalo a Londra, di ritorno dalle Indie, prima di tornare negli Stati Uniti.

Fondamentale per il superamento dei problemi di affidabilità di queste armi, sarà pochi anni più tardi l’invenzione della capsula al fulminato di mercurio. Un sistema che permetterà a Colt di realizzare il primo revolver veramente pratico, sicuro e capace di sparare rapidamente.
Con queste capsule Colt elimina la maggior parte degli inconvenienti dell’acciarino a pietra focaia: scintille che “vagano” incontrollate, polvere che cade dalla camera, serbatoio per la polvere che esplode alla più piccola scintilla, sensibilità alle intemperie, lentezza nella messa a punto.