Colt BOA
Il Colt Boa è un revolver realizzato in pochissimi esemplari, in accordo (ed in esclusiva) con la società di distribuzione di Lew Horton, in Southborough, Massachusetts.
Lew Horton è stato uno dei maggiori distributori di armi ed in particolare di Colt, e commissionò numerose serie speciali personalizzate anche ad altri produttori.
Questa “rarità” ha reso il BOA probabilmente il più sfuggente e desiderabile dei revolver a doppia azione della Colt.
Colt ha venduto l’intera serie di BOA a Lew Horton nel 1985.
Consideriamo che tra il 1950 e il 2003, Colt ha prodotto per gli amanti del marchio sette serie di revolver con nomi di serpenti, note come i “7 serpenti” di Colt.
Sono i modelli Cobra, Diamondback, Boa, King Cobra, Anaconda, Viper e Python.
Alcuni di questi erano popolari e diffusi, come il Diamondback, realizzato sia in .22 LR che in .38 Special; altri erano meno venduti, come ad es. l’Anaconda, realizzato in .44 Mag e .45 Colt (il modello è uscito in un periodo di stanca del mercato revolver e soprattutto del marchio Colt).
Per i collezionisti, alcuni modelli sono difficili da trovare: ad es. la Viper è restata in listino solo nel 1977; e appunto il BOA.
Un noto giornalista del settore, Jim Weller, nel 1986 ha recensito il BOA per la rivista American Handgunner; ed ha spiegato in dettaglio come Colt (e Lew Horton) avevano originariamente intenzione di produrre un revolver a doppia azione in .357 Magnum, a sei colpi, che fosse una qualcosa di intermedio tra lo standard Mark V Trooper e il modello di punta (e costosissimo) che era il Python; cercando di combinare le caratteristiche di entrambe le pistole. Il telaio e l’azione sono quelli di un Trooper (Mark V), mentre la canna con la caratteristica ventilatura proviene dal Python. In pratica un Mark V vestito a festa, o un Python economico.
Per evitare di intaccare il mercato del Python, Colt non lo aggiunse al proprio catalogo ma concordò con Lew Horton di consegnarli l’intera produzione di circa 1.200 pezzi, nel 1985, con numeri di serie consecutivi che vanno da BOA1 a BOA1200. Di questi, metà dei revolver montava canne da 4″ mentre l’altra metà aveva canne da 6″.
Horton con 200 di questi revolver ha anche confezionato un centinaio di set con cofanetto espositore contenenti un Boa da 4″ ed un Boa da 6″ con matricole consecutive.
Una operazione di marketing per incentivarne la rapida vendita.
I prezzi di questo set, se originale, sono … proibitivi.
Ad oggi, inizio 2023, ho trovato un solo set disponibile, e l’asta era già a 67.000$ !!
Ovviamente fuori portata …
E non mi risulta che ne siano mai arrivati in Italia.
Le caratteristiche standard del BOA erano pari pari riprese dai 2 modelli da cui deriva: gli stessi mirini in stile Accro e la finitura Royal Blue del Python, un ampio grilletto in stile target con tre scanalature. Le impugnature erano in palissandro a scacchi con un dorso posteriore liscio e con inseriti i medaglioni Colt dorati.
Il prezzo richiesto da Horton all’epoca era di $ 525, leggermente inferiore a quello di un nuovo Python, rendendolo un prodotto attraenti per gli amanti del marchio.
Per la cronaca, Weller durante la sua recensione, ha effettivamente utilizzato il revolver al poligono, rimanendone favorevolmente impressionato dalla precisione intrinseca. Unica nota di dettaglio, riportava come il blocco tamburo non fosse così “fermo” come nei Python (ma d’altro canto la meccanica era quella del MarkV).
Come detto, la pistola era un ibrido, che combinava la canna, i mirini e la finitura della Colt Python con l’azione de il telaio della Colt Mark V Trooper.
Questa idea di creare un Python più economico, è poi sfociata (a causa della sua rarità) in un prodotto che oggi vale molto più di tutti i revolver Colt “standard” (escludendo le serie speciali e i revolver “selezionati” dalla casa).
In particolare, il fatto è che esaurito il lotto di armi consegnate a Horton, Colt non ha mai riproposto il modello. In primis perchè non c’erano molti pezzi disponibili per questa personalizzazione (che per giunta andava rifinita manualmente). In pratica in Colt non avevano a disposizione parti d’arma da dedicare alla trasformazione, e non avevano personale da dedicare al montaggio e alla finitura. Perciò la produzione terminò con i 1200 pezzi complessivi consegnati nell’85.
A suo tempo il paragone fatto (da Weller) con le auto era il seguente:
se i revolver Colt (della serie dei serpenti) erano delle Corvette, il Boa è qualcosa di simile alla Stingray L88. Ci possono essere Corvette più veloci (ZR1), o meccanicamente superiori (la Arkus-Duntov del ’57 con iniezione Ramjet), o più belli (il modello con il finestrino diviso del ’63), o più comodi; ma la L88 è incredibilmente rara (solo 216 esemplari usciti dalla fabbrica in tre anni).
Insomma le Boa, soprattutto per gli appassionati di revolver Colt, sono il pezzo mancante di molte collezioni; il che le rende tra le più ricercate dei 7 serpenti.
Come detto, il Boa non è altro che un Mark V su cui veniva montata una canna Python (marchiata BOA), e veniva rifinito con la superba lucidatura Royal Blue.
Perciò per ogni caratteristica meccanica (canna a parte) si fa sempre riferimento al mod. Mark V.
In pratica, non è un particolare e speciale revolver con caratteristiche superiori; è un’ottima base (il Mark V) con una eccellente canna (del Python), accuratamente rifinito e lucidato come i migliori prodotti Colt del “periodo d’oro”.
Poi, il fatto di essere prodotti in pochissimi pezzi, con matricole conseguenti, con cofanetto specifico, e su commessa poi chiusa, e soprattutto di essere uno dei “7 serpenti” di Colt, … ne fanno un oggetto da collezione ambitissimo che ha raggiunto cifre anche assurde!
E’ uno dei maggiori esempi del seguito e del fascino dei prodotti Colt.