Colt Python (new model)

Colt PYTHON  (new model 2020)

Nel 1955 l’industria americana delle armi si era ormai svincolata dalla produzione legata alle forniture militari, ed era tornata a rivolgersi al mercato degli sportivi e delle forze dell’ordine.
Ad Hartford, sulle sponde del Connecticut, nell’iconico stabilimento Colt con cupola a cipolla, avevano ridotto le linee delle M1911A1 militari dedicandosi alla realizzazione di modelli civili, con particolare attenzione alle finiture e alle bruniture blu lucidissimo.
Ma è sempre stata l’invenzione più significativa del colonnello Colt a garantire le centinaia di lavori qualificati impiegati da più di un secolo begli stabilimenti Colt. Il revolver.
Gli USA sono il paese dei revolver.
E per un buon periodo il nome stesso dell’azienda è stato sinonimo di quel prodotto.
E nonostante la forte concorrenza, Colt è sempre rimasta una potenza nello sviluppo e nella produzione di revolver.

E quando la Colt in quell’anno annunciò un nuovo prodotto a tamburo, pochi pensavano che per i successivi 50 anni sarebbe diventato il miglior revolver di tutti i tempi. E il più iconico dei “serpenti” di Colt. Il Python.

Nessuna pistola di regolare produzione ha mai ricevuto un’attenzione così accurata come il Python. 
Veniva assemblato dai tecnici più abili della fabbrica di Hartford.
Questi erano esperti artigiani che partendo da un telaio nudo, montavano con cura parti rigorosamente realizzate in casa, e con lime e pietre e utensili autocostruiti, adattavano ed accordavano ogni particolare.

E prima di applicare una finitura di un blu intenso e lucente, il fusto e la canna venivano lucidati e ripassati e rilucidati su speciali rulli in pelle di tricheco, sempre rigorosamente prodotti in casa.
Il Python del 1955 era un’arma da fuoco superba, che si guadagnò un’ottima reputazione per qualità e aspetto.
Ed ha sempre richiesto un prezzo elevato.

Ma con il passare degli anni, i ragazzi che lo assemblavano sono gradualmente andati in pensione, ed erano quasi impossibili da sostituire. In parte per la mancanza di formazione specifica, ed in parte perchè il lavoro d’officina non attirava più molti giovani, che piuttosto preferivano le fabbriche d’auto o gli uffici.
I Python originali sono usciti di produzione definitivamente nel 2005; e gli esemplari che erano rimasti disponibili sono andati venduti a cifre folli.
La diffusione di internet e l’avvento delle aste online ha facilitato ed alimentato il mercato dell’usato, soprattutto dei modelli ante anni ’80; spingendo i prezzi ancora più in alto, tanto che gli attuali appassionati sono invitati a non cedere un esemplare “minty” (non utilizzato, pari al nuovo).
Alcuni vecchi Python, ed alcune serie speciali, sono diventati “investimenti” al pari di quadri e/o oggetti d’arte.
Con vendite gestite dalle più famose case d’asta americane, inglesi, e tedesche.

Snakes come back!
In ogni paese, se io dovessi pronunciare la parola “revolver”, le prime tre cose che vengono in mente sono: .357 magnum, sei colpi, e Colt Python.
Non poteva sparire dal mercato un marchio che ha fatto la storia dell’America.

E così dopo diverse vicissitudini finanziarie, nel 2017 il marchio Colt rientra nel mercato “civile” con nuovi revolver.
A gennaio 2020 l’annuncio: torna sul mercato il più famoso dei loro revolver, il Python, in una nuova ed aggiornata interpretazione.
Tutti aspettavano la sua ricomparsa dopo che era stata anticipata la nuova serie “Snake” che oggi (inizio 2023) vede presenti il Cobra, il King Cobra, l’Anaconda, ed appunto il Python.

Completamente rivisto in termini di materiali, tecnologie e metodi costruttivi, questo revolver in calibro .357 Magnum presenta un fusto più solido e completamente in acciaio inossidabile (c’è il 30% in più di acciaio nella struttura attorno al tamburo e nel topstrap, per garantire anche le cariche più “toste” !).
Cercando di non cambiare troppo le linee distintive dell’originale, sono stare ridisegnate le mire (sempre regolabili, ed ora quella frontale è facilmente sostituibile), il grilletto (leggermente meno curvato), il cane (più orizzontale e con diverso grip) e lo sblocco tamburo (più grande).
E’ corredato di guancette in legno (prodotte da Altamont) che esteticamente ben si sposano con l’acciaio, ma che non sono di materiali così nobili e ricercati a cui Colt ci aveva abituati.
E’ proposto in 3 diverse lunghezze di canna: 6″, 4,25″ e 3″.

Non cambiano il passo di rigatura (sinistrorso) di 1:14 con l’alternanza di sei pieni e vuoti; mentre la volata è ora ora svasata verso l’interno con maggiore protezione del bordo.

Dato l’impiego di acciaio inox, il peso si assesta su 1,3kg per la versione 6″ (perciò ben più alto del progenitore, che era in acciaio al carbonio).

Esattamente come nella prima serie, si tratta sempre di un revolver doppia azione con tamburo da sei colpi in .357 Magnum; con le due peculiari caratteristiche costruttive che a suo tempo hanno copiato tutti i produttori: il contrappeso sotto canna (cavo) che integra la sede dell’alberino d’estrazione, e la bindella ventilata a tutta lunghezza.
Erano i due principali segni di riconoscimento che caratterizzavano fortemente la linea del Python, e che sono “quasi uguali” nella nuova versione.

La qualità costruttiva del Python degli anni ’60 (e fino ai ’70) godeva delle numerose lavorazioni artigianali eseguite da mano d’opera altamente specializzata, con un’attenzione al dettaglio che non si trovava nei concorrenti del periodo, e che oggi è improponibile con le tecniche (e costi) di produzione attuali.
Anche in questa nuova serie, pur dovendo sottostare alle moderne leggi di mercato (produzione industriale e contenimento dei costi), al primo impatto si apprezza la bellezza della finitura satinata, semilucida, che ben si sposa con le guancette in legno laminato con il medaglione con il cavallino di Colt; quest’ultimo è riportato anche sul lato sinistro del telaio.
Altre conferme: il cane ha un’ampia cresta finemente zigrinata che offre veramente un eccellentissimo grip.
La finitura specchiata è complessivamente “squisita”, direi impeccabile. Le incisioni sono minimaliste ma ancora una volta impeccabili e risaltano bene sulla superficie lucidata.

 Ulteriore attenzione ai dettagli può essere trovata nel mirino con riporto arancione brillante, che può essere facilmente sostituito (c’è un grano di fermo anteriormente, sopra la volata).

Mirino che ben si accoppia con la tacca di mira in metallo oscurato e completamente regolabile in altezza e derivazione; non ha riferimenti cromatici e si presta al tiro mirato.
Nel mercato sono già disponibili diverse varianti con la bordatura bianca o con l’inserto in fibra

 

 

L’avanzamento sul retro del cilindro ed il blocco del cilindro al telaio sono maggiormente dimensionati rispetto al passato, e dovrebbero garantire una maggiore durata.
La nervatura ventilata lungo la parte superiore del fusto (un dettaglio distintivo del Python), è perfettamente fresata.

Il bordo anteriore del cilindro è stato leggermente sagomato, con un buon risultato non solo estetico ma anche utile nel caso si vogliano utilizzare delle fondine.
Anche l’espulsore dei bossolo è stato rivisto, e presenta una lavorazione perfetta.
Per ridurre i riflessi, il piatto superiore del telaio e della nervatura è stato rifinito con una trama satinata.

Il blocco del cilindro è perfetto, senza alcun gioco quando il grilletto è premuto; è sempre presente il “doppio blocco” caratteristico del Python, in cui il braccetto di rotazione esercita anche una trazione utile all’azzeramento dei possibili giochi (vedi descrizione dell’azione nella pagina dedicata al Python “originale”).

Il pulsante di sblocco del tamburo è ora più grande e con più grip, ma funziona sempre allo stesso modo, tirandolo “indietro” (al contrario dei concorrenti nei quali si spinge il cursore in avanti). Tirandolo si fa arretrare il perno di ritegno che si posiziona al centro della stella di rotazione, costituendo così il primo dei due sistemi di chiusura del tamburo.

Un’occhiata alla meccanica
Nei Python di un tempo, il passaggio nelle postazioni del Custom Shop serviva per mettere a punto, esemplare per esemplare, le due caratteristiche peculiari di questo revolver: il bloccaggio del cilindro (o timing) ed il gap tra questo e il cono di forzamento della canna.
Gli appassionati di revolver sanno che questi due elementi sono fondamentali nel tiro: il primo è il risultato combinato del movimento della hand (il “cricchetto” o “braccetto” che fa ruotare il tamburo agendo sul ratchet, la “dentiera a stella” o “ruota a cricco”) e del bolt (il “dente di arresto” che s’incastra nell’apposito risalto ricavato all’esterno del tamburo).
La massima precisione di questo movimento consiste nel non avere alcuna oscillazione del tamburo intorno e lungo l’asse di rotazione nel momento in cui, premuto il grilletto, il cane si abbatte sull’innesco dalla posizione di full cock (armamento completo).
Quasi tutti i revolver presentano, invece, oscillazioni più o meno contenute, in proporzione alla qualità della lavorazione.

Per il resto l’impostazione meccanica riprende quella tradizionale, complessa, con la grande molla a V sostituita da una a U, più spessa, che assolve diverse funzioni: imprime la spinta al cane tramite una bielletta; insiste sulla sottostante leva di collegamento, fulcrata nel telaio dell’impugnatura, che tramite la lamina anteriore concorre sia a spingere il perno di rotazione nello scudo contro la corona del tamburo, sia al ritorno del grilletto.

In generale si nota un maggiore dimensionamento degli elementi interni (biellette, perni, rinvii).

La principale differenza è nella leva di collegamento, che però non svolge più la funzione di abbassare il dente di blocco di rotazione del tamburo: ora c’è un dente indipendente, posto davanti al grilletto che lo fa abbassare nel suo movimento retrogrado.

Il meccanismo di arresto del cilindro è ora separato (ed indicato dalla freccia nella foto qui sopra), che ricorda più un design tipo Smith&Wesson.
Sono sicuro che Al Gunther, Al DeJohn e gli altri maestri e ideatori dei Colt degli anni ’50 rimarrebbero sorpresi da questa svolta.

L’aspetto più attraente del Python era il suo stile.
Gran parte di quello stile è dovuto alla canna.
Un tubone con underlug (sottocanna) a tutta lunghezza, e con una nervatura ventilata (e con asole graziosamente angolate) sul lato superiore.

 

Sul fronte della sicurezza, nel nuovo Python non troviamo più il complesso congegno di sicurezza contro lo sparo inerziale (era costituito da un intercettore del cane comandato dal grilletto, un hammer block), ma c’è una robusta transfer bar.
Il congegno originario se tolto o rotto poteva consentire lo sparo in caso di caduta dell’arma, mentre la transfer bar, in caso di malfunzionamento, impedisce di fatto lo sparo (il cane non potrà mai raggiungere il percussore): ciò rappresenta un grosso problema in un revolver da difesa, ma è un plus notevole in uno dedicato all’uso sportivo.
Sempre a proposito di sicure, è confermata quella automatica che inibisce lo scatto se il tamburo non è perfettamente in chiusura; inoltre, impedisce l’apertura del tamburo stesso a cane armato.

Il grilletto a singola azione non è leggero come ci si aspetterebbe (memori del “vecchio” Python) ma è incredibilmente fluido.
Purtroppo il maggior carico è stato scelto per soddisfare le imposizioni di “sicurezza” di alcuni mercati; vi sono stati americani in cui praticamente il revolver non deve sparare neppure se … vuoi sparare!
Colt ha rilasciato una nota al riguardo: ha detto che i nuovi Python sono stati progettati in questo modo per soddisfare i requisiti dei test di caduta della California e del Massachusetts.
Che qui riassumo:

l’arma deve essere posizionata in un dispositivo in grado di far cadere la pistola da un’altezza di 40″ sul lato più grande di una lastra di cemento solido avente dimensioni minime di 3x6x6 pollici. L’arma deve essere lasciata cadere nella condizione in cui si troverebbe se fosse caduta da una mano (armata e senza sicura manuale inserita).
Devono essere eseguite le seguenti  7 (sette) cadute:

  • Posizione di tiro normale con canna orizzontale.
  • Capovolto con canna orizzontale.
  • Sull’impugnatura con canna verticale.
  • In volata con canna verticale.
  • Su entrambi i lati con canna orizzontale (una per lato).
  • Se c’è un cane o un percussore esposto, sul punto più arretrato di quel dispositivo, altrimenti sul punto più arretrato dell’arma.

L’innesco deve essere esaminato per le rientranze dopo ogni caduta. Se sono presenti rientranze, per la prova successiva deve essere utilizzato un nuovo bossolo/innesco.
La prova deve essere ripetuta 3 volte. Tutti e 3 i cicli di prova devono essere superati; se anche una prova non è superata, l’arma non si considera approvata.

Ma io chiedo, … ma se mi cade dalle mani per 21 volte (sette test di caduta da ripetere 3 volte) un revolver da 2mila e passa euri, non è che sei un po’ tonto? e allora non devi toccare un’arma! Vai a Sanremo!

Alla fin fine il peso di sgancio del grilletto (in doppia azione) oscilla tra 3 e 4kg; in singola azione resta abbastanza alto, a 1,8kg. Ma ovviamente sono possibili importanti alleggerimenti, per chi lo desidera.
Nel complesso però, come detto, il movimento è molto fluido, con un’ottimo feeling.

L’armamento del cane è facilitato dall’eccellente grip offerto dalla zigrinatura superficiale, al limite dell’abrasività!

L’azione è fluidissima, e dopo il leggero clic iniziale c’è il seguito di scatti di quello che sembra una combinazione del caveau di una banca.

Il tiro a doppia azione condivide questa scorrevolezza, anche se appesantito dall’aumento di sforzo, come detto prima.
La forza necessaria per la trazione del grilletto aumenta verso la fine della corsa, quando effettivamente ti sorprende e rilascia il cane.

A proposito di tiro, il Python è un’arma pesante e molto del suo peso è spostato verso la volata. Però l’equilibrio del Python è proprio questo: una combinazione tra progressività e fluidità dell’azione combinato con l’eccellente bilanciamento delle masse, che consentono di sparare i 357 con reazioni simili al 38.

C’è anche qualcosa di negativo da riportare su questo revolver?
Innanzitutto, le guancette. Sono belle, cromaticamente ben abbinate all’inox. Ma forse un po’ troppo scivolose. E la forma porta l’impugnatura un po’ troppo vicino alla guardia del grilletto.
Certo è che di guancette alternative ce ne sono a bizzeffe; il problema ultimamente è solo trovarle (i tempi di attesa sono di 15 mesi !!)
Nota: le guancette per il nuovo Python sono intercambiabili con quelle del “vecchio” modello. Pertanto è possibile utilizzare le guancette per Python indipendentemente dall’anno di produzione.

Secondo, il grilletto. 

Meccanicamente è adorabile!
Ed è ben lavorato con venature verticali antiscivolo.

Ma la superficie è un po’ più “stretta” rispetto ai grilletti “target”. Averlo realizzato un po’ più largo nella parte di appoggio al dito, probabilmente migliorerebbe anche la sensazione di “peso” allo scatto.

 

Terzo, e qui secondo me è il punto dolente, … c’è solo in uno splendido acciaio inox.

Almeno ad inizio 2023, non c’è il sublime royal blue dei tempi d’oro.
Ovviamente non è possibile una simile brunitura sull’inox; però … dato che la lucidatura è eccellente, in Colt “devono” trovare una soluzione per rendere disponibile anche un modello “blued”.
E’ nel DNA del Python.
Probabilmente la soluzione dovrebbe passare per qualche “variante” specifica, tipo una serie “speciale” brunita (con qualche acciaio alternativo), magari aggiundendo qualche serie limitata con canna da 8″ ed accessori dedicati per il tiro.