Il restauro di una Colt Single Action Army
del 1890 … e del 1892
Da un po’ di tempo cercavo una Colt SAA (Single Action Army), il revolver più “revolver” di tutti, quello che tutti sanno essere “IL REVOLVER”, anche chi non sa cosa sia un’arma.
Inizialmente ero molto più “preso” dai revolver Colt più recenti, tutti D.A. (doppia azione).
Ma poi quando ho incominciato ad approfondire la storia della Colt, ed in particolare del suo fondatore Samuel Colt, mi si sono presentate tante e tali interazioni con la storia americana, con la storia della nascita degli USA per come li conosciamo oggi, che mi sono fatto coinvolgere. E come piccolo appassionato degli USA, mi sono trovato a leggere di storie, miti, particolarità, leggende … tanti dettagli e particolari che hanno influenzato pesantemente la storia americana, come mai avrei pensato. E’ stato un percorso nella storia americana in cui ho capito quanta influenza abbiano avuto i prodotti Colt (e NON solo le armi, ma tutte le invenzioni di Samuel Colt).
Insomma, … avrei voluto una Colt SAA (Single Action Army) antecedente il 1900.
Una delle prime serie.
In calibro .45
Una di quelle che … “hanno fatto il west“.
Qui da noi (Italia) è difficile trovare armi USA antecedenti le guerre mondiali. Diciamo che il mercato è molto ridotto; e questo mercato è ancora più ridotto per le vecchie Colt, che erano già molto costose a suo tempo anche negli USA.
Tocca sempre sperare in qualche collezionista che si è sobbarcato le grane dell’importazione, oppure rivolgersi alle armerie che partecipano alle aste (prevalentemente in Germania e Inghilterra).
Ho però trovato un SAA, la cui matricola riporta all’anno 1892.
In una armeria di Torino.
Una “antica armeria” ultra centenaria (dal 1881 come loro stessi indicano).
Però questa SAA era messa … troppo bene.
In effetti sembrava nichelata … non proprio di recente, ma di certo non era una finitura di 130 anni fa.
Significa che sicuramente ci avevano “messo le mani”. Cosa che può essere un valore aggiunto, se però è fatta bene, con i criteri del restauro o della conservazione.
In questo caso il lavoro di nichelatura non era stato fatto bene; il nichel era stato applicato forse in modo poco uniforme (la cromatura elettrolitica è sempre “ostica” come uniformità del riporto, con materiali di forme complesse). Ma soprattutto, il trattamento era di certo stato fatto senza prima ritoccare le ossidazioni e le irregolarità del telaio e del tamburo.
Questa armeria diceva che era tutto OK, che secondo loro l’arma era in eccellenti condizioni …. ma in realtà era evidente che non era così.
Pessimo negoziante.
Oppure … può anche essere che non ne capissero molto di lavorazioni sulle armi. E per loro era tutto “normale” …
Se così fosse, … non è un pessimo negoziante ma di certo un professionista “molto poco” preparato.
Per altro, facendogli notare la cosa si sono difesi dicendo che … “non ci risultano lavori … per quanto ne sappiamo noi“.
Alla fine però ho comunque comperato questo revolver; perchè non trovavo alcuna altra SAA ante 1900.
O meglio, l’unico altro pezzo che avevo trovato disponibile era sempre in un’armeria di Torino (vabbè che una volta l’importatore Colt era a Torino, ma qui parliamo di armi “antiche” … tutte a Torino sono ?).
Armeria quest’ultima gestita, assieme al figlio, dal sig. Stefano, un vero appassionato; ma per pochi giorni mi è stata “soffiata” da un altro acquirente.
Perciò, dato che non trovavo altri SAA del XIX secolo, ho comunque proceduto con l’acquisto. E sapevo già che avrei dovuto restaurarla, con tempi e costi che non erano noti (non si sa mai quello che si trova quando inizi a mettere le mani su “roba” di oltre un secolo fa).
Ecco qui un po’ la situazione con cui mi sono dovuto confrontare.
L’arma riporta matricola 155012; che secondo informazioni Colt è di un SAA del 1892; nichelato; però in calibro 44-40 !
Però … sappiamo che in quei tempi erano frequenti operazioni di cambio calibro o cambio canna, essendo tutti pezzi intercambiabili tra le varie SAA (principale pregio e motivo del successo del Colt SAA).
C’è un altro però … però tutto il resto dell’arma sembrava indicare una produzione di qualche anno prima, fine anni ’80 o al massimo 1890.
Questa qui di seguito è l’arma come acquistata.
Per avere più di 130 anni … non sembrerebbe messa “male”.
Di certo l’arma è stata ricromata (nichel).
Qui sotto si nota come le incisioni dei brevetti (patent) siano poco “incisi”, poco evidenti. Primo segno che la nichelatura è stata fatta senza poi ripassare le incisioni.
E soprattutto le incisioni sono su 3 linee, perciò appartenenti ad un telaio prodotto dal 1877 al 1890.
Sul lato sinistro della canna quasi non si legge più il calibro (doveva esserci la scritta “45 COLT”); un po’ per l’usura, ed un po’ perchè la nichelatura qui è stata fatta con spessore eccessivo.
Altro punto in cui si nota il trattamento senza precedente preparazione: la faccia del tamburo presenta le rugosità tipiche di una ossidazione che sarebbero normali per l’età dell’arma. Molto frequenti sui piani ai lati dello sfogo delle camere; aggressioni del metallo agevolate anche dagli scarsi trattamenti dell’epoca, dal tipo di polvere, oltre che dall’età.
Ma però questi segni, queste erosioni, risultano nichelate; in pratica si è proceduto chiaramente a ricromare l’arma senza prima ripassare e rifinire il metallo sottostante.
Nel rifare un trattamento chimico di “spessore” come la nichelatura, o si riesce ad applicare in modo uniforme e con spessori contenutissimi (entrambe operazioni difficili), oppure a seguire occorre ripassare le incisioni; altrimenti, come in questo caso, il trattamento va a coprire parte dell’incisione e le scritte risaltano poco (si leggono a fatica).
Mi sono convinto che era il caso di cercare qualcuno che potesse recuperare (per quanto possibile) l’arma, in modo “coerente” con l’età, con i materiali, e con le finiture dell’epoca.
Ovviamente servono artigiani “del mestiere”, che ad esempio conoscono le caratteristiche della Colt SAA, e che quando eseguono un lavoro sono attenti anche alla coerenza del lavoro stesso con il periodo e con le caratteristiche del pezzo “come all’epoca“.
In Italia la ricerca ovviamente si concentra su Gardone Val Trompia, la arms valley italica. Con tutte le aziende ed i fornitori e l’indotto ed i terzisti e quanto altro serve la filiera delle armi … se non trovo lì qualcuno …
Sono arrivato alla ditta Pat.Ri, della signora Patrizia Belussi; specializzata in riparazioni di armi lunghe. Inizialmente ero un po’ scettico, anche perchè non sono un conoscitore delle armi lunghe e men che meno del “canna liscia”; ma ho dovuto ricredermi quando ho visto alcuni lavori fatti su delle doppiette e dei sovrapposti, che vengono scambiati a “centomila e passa dobloni”.
Di certo ci sono grandissime manualità e abilità.
La signora Patrizia ha contattato un restauratore, il sig. Loris; uno che ha “messo le mani” per tanti anni sui molti prestigiosi pezzi da collezione passati per la valle. Sono professionalità che un tempo lavoravano nelle produzioni di pregio che uscivano dalla Val Trompia, quando ancora si facevano lì le armi (prima le fabbriche fossero spostate in Turchia o in sudamerica).
Persone molto molto abili con il lavoro manuale, con gli attrezzi e con le tecniche tipiche di tanti anni fa. Quando si facevano a mano bellissimi fucili e qualche serie speciale di pistole. Un po’ come gli addetti alle linee Python ai tempi d’oro della Colt.
Il sig. Loris ha preso in carico volentieri il lavoro ed ha iniziato a documentarsi sul pezzo contattando i vari “colleghi”, anche oltreoceano, per avere maggiori dettagli.
La signora Patrizia che per tanti anni ha lavorato nel trattamento dei metalli per il gruppo Beretta, è stata di grande aiuto per la valutazione del lavoro iniziale e per il trattamento finale.
Tutti abbiamo subito concordato che l’arma era stata nichelata male e con uno spessore eccessivo; e prima della nichelatura non era stato trattato bene l’acciaio sottostante; un acciaio abbastanza “povero” come era in uso a quei tempi (un acciaio “abbastanza dolce” e con una alta percentuale di piombo).
La nonnetta è stata prima smontata completamente, anche i perni forzati.
E subito sono emerse 2 “cose” strane: le matricole non erano “coerenti” e si notava “qualcosa sotto”.
Qui sotto si vede che le grazie delle 2 matricole non sono uguali; c’è qualche differenza. I 2 numeri non erano stati battuti con lo stesso strumento.
E poi andando a smontare il telaio, si notavano dei segni “sotto” uno dei numeri.
Procedendo con attenzione e cercando di capire i numeri precedenti, emerge che il numero 155012 è stato ribattuto “sopra” il vero numero di matricola, che era 1332xx (le ultime 2 cifre non siamo riusciti a decifrarle).
Ecco che alcune perplessità iniziali trovano ora una risposta.
Coerente.
Infatti l’arma sembrava in tutto e per tutto appartenente ad una serie che va dal 1877 al 1890; a partire dal telaio, dalle incisioni, dalle guancette, …
però invece la matricola dava come anno il 1892 …
E così abbiamo capito che l’arma è effettivamente un modello del 1890 (che corrisponde alla matricola 1332xx), ma a cui è stato sostituito il telaio inferiore che sostiene l’impugnatura e la guardia del grilletto, prendendo questo pezzo da un SAA del 1892.
Come detto, a quei tempi era frequente cannibalizzare pezzi tra i Colt SAA, in quanto intercambiabili.
Probabilmente il calcio o comunque il telaietto inferiore era rovinato e ne è stato preso uno da un altro Colt simile. A questo punto, dato che la matricola è presente sul telaio inferiore proprio sotto le guancette, ed anche nel telaietto a guardia del grilletto, si sarebbero dovuti correttamente cambiare i due numeri di matricola.
Però il telaio principale ha la matricola in un solo punto, e perciò … qualcuno ha deciso di cambiare una sola matricola ribattendo 155012 una volta, anzichè riprendere due volte la matricola 1332xx in due punti diversi.
Considerate che siamo nel 1892, in epoche e luoghi in cui ci si doveva arrangiare in ogni modo pur di avere sempre in efficienza il proprio revolver.
Dopo queste considerazioni, è stato deciso di lasciare la matricola 155012 e … fine.
L’arma così era arrivata in Italia e così ce la teniamo.
(Vero che essendo arma antica, si sarebbe anche potuto procedere con una reimmatricolazione; ma non avevamo le ultime 2 cifre originali !! Sicchè il lavoro sarebbe stato comunque poco utile).
Procedendo nel restauro, ogni pezzo è stato carteggiato finemente per togliere quanto più nikel possibile, cercando di arrivare al metallo sottostante senza rovinarlo.
Per mettere in luce tutte le imperfezioni “sotto”.
Qui si vede chiaramente come il trattamento fosse stato aggiunto in spessore eccessivo e senza preparare bene il metallo “sotto”.
Tutto è stato spazzolato e rifinito, per quanto possibile.
Poi ogni pezzo è stato immerso in un bagno decappante per togliere i restanti residui della lavorazione.
Qui sotto come si presentava il cane:
ed il telaio (si nota anche una evidente “spanciatura” nella parte inferiore poco a sinistra dei brevetti):
qui la pulizia della testa a mezzaluna dell’espulsore:
la canna con le incisioni superiori:
lo sportellino di ricarica:
Una volta preparata la “base”, si è proceduto con il laser per applicare microgoccioline di metallo (cercandolo “simile a quello dell’epoca”) su tutte le imperfezioni, e su tutti i punti che erano da riportare allo spessore originale.
Qui ad esempio il cane con le applicazioni:
la faccia anteriore del tamburo:
la faccia posteriore del tamburo:
ed i lati del tamburo:
ed in generale tutti i vari punti su canna, telaietto, ecc.:
In seguito, con lima, dischi abrasivi, e tanta attenzione e pazienza è stato rimesso in piano ogni elemento, ed è stato tutto levigato in modo che avesse la dimensione corretta e la finitura più omogenea possibile.
Quindi è stato tutto carteggiato di fino (nei limiti dell’accettabile! I costi devono essere proporzionati !) e si è passati ad una prima lucidatura:
Qui sotto ad esempio la faccia del tamburo dopo il trattamento che ha coperto la maggior parte delle erosioni, ma tutto sommato si notano ancora le irregolarità che avevano questi pezzi nel XIX secolo:
e del castello:
Qualche vite e perno è stata rifatta al tornio …
e sono state ripassate tutte le incisioni.
Tenendo le grazie che erano in uso all’epoca.
Qui ad esempio il numero di telaio ripassato:
Le scritte sulla canna:
La testa del tamburo (con gli agganci per la rotazione e la “L” incisa)
La canna (e con 6 righe) è stata ripassata con pietre lucidanti e cere come si faceva all’epoca:
Nel telaio e nella canna sono state ripassate tutte le scritte e le incisioni usando i caratteri con le grazie dell’epoca.
Sono state ripassate anche tutte le teste delle viti.
La lucidatura non è perfetta, perchè qualche imperfezione e opacità è restata; ma non è un Python, e non era perfetta neppure all’epoca. Pur essendo una versione civile (le militari erano veramente “tirate via”, ben poco curate) comunque le migliori lavorazioni si effettuavano solo sui prodotti “custom”, su ordinazione.
Alla fine è stato tutto nichelato (con una piccola percentuale di argento, come sui usava allora).
E lucidata definitivamente ove necessario.
Ed ovviamente riassemblata.
Sono state pulite accuratamente le guancette e ripassate anche le incisioni che ormai si notavano poco (“annegate” nello schiacciamento del materiale plastico).
E … il risultato è un SAA che è stato restaurato con materiali e metodi di lavorazione come si usava a fine ‘800.
E che anche se non è monomatricola, però è composto da un SAA del 1890 con alcuni pezzi “di ricambio” del 1892.
Comunque ogni componente è “prima serie” (anzi, 1st gen ma in particolare è anche “black powder frame”). Ed è tutto coerente con i modelli “civili” del periodo.
Considerate che per le informazioni sui modelli e serie del SAA di quel periodo, noi dobbiamo sempre chiedere a qualcuno oltreoceano, anche perchè qui ci sono poche esperienze su come si lavorava in USA a quel tempo.
E non è facile conoscere tutti i dettagli delle varie modifiche negli anni.
Alla fine, facendo il punto …
La canna (che presenta sei righe) è molto ben conservata.
Il mirino mi sembra coerente con l’epoca e la serie, e con la tipica scanalatura.
Anche l’estrattore dei bossoli è coerente con quegli anni, con la testa della leva di spinta a mezzaluna.
A lato della canna è presente la scritta del calibro:
mentre nella parte superiore vi sono le scritte “COLT’S PT. F.A. MFG. Co. HARTFORD CT. U.S.A.” su 2 righe.
La vite di ritenzione del perno tamburo è centrale, con perno forato.
Le scritte dei brevetti (patent) sono su 3 linee, giustamente non c’è lo stemma del cavallino Colt.
I fermi di blocco attorno al tamburo hanno gli inviti “non troppo profondi“.
La camera finale del tamburo è lavorata, rifinita, non a spigolo vivo.
Il cane presenta un zigrino di monta fatto a mano con una profonda riga trasversale.
Il percussore del cane ha forma conica.
Le linee di mira hanno una forma “flat” sulla parte finale.
Le guancette sono in gomma nera dura con cavallino in alto e aquila in basso (erano così sui modelli “civili”).
E qui un paio di immagini complessive:
Diciamo che … ho cercato di fare il possibile nell’ambito del valore dell’arma.
Una lavorazione ancora più accurata non sarebbe stata conveniente perchè poi i costi avrebbero superato eccessivamente il valore del pezzo. Cosa a quel punto non più conveniente (a quel punto, conviene imbarcarsi in una importazione dagli USA).
Se qualcuno di Voi ha delle osservazioni, ditemele pure che così aggiorno le mie storie, i miei appunti e la mia documentazione.